Ogni anno, nella giornata di oggi, tutto il mondo celebra la Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza, una ricorrenza importante ma che non possiamo e non dobbiamo vivere in modo solo simbolico.
Troppo a lungo siamo rimasti indietro su un tema, quello della parità di genere in generale e della parità di genere in ambito STEM in particolare, che ha ripercussioni di enorme portata sulla nostra società, travalicando i confini della scuola e dell’università e toccando direttamente il tessuto economico del Paese, la sua competitività e la sua attrattività per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro.
La Banca Mondiale ha recentemente stimato che l’80% della ricchezza delle Nazioni più avanzate è rappresentata dal sapere.
In un mondo che evolve in fretta, le nostre società si trovano di fronte a un progresso rampante, che fa della tecnologia e della scienza i principali strumenti con cui plasmare il futuro. Eppure, ancora troppe poche ragazze scelgono di intraprendere questa strada. Un dato che accomuna tristemente la storia e le prospettive di tutti i Paesi occidentali, e che in Italia assume tratti netti.
Gli ultimi dati AlmaLaurea indicano che su 1000 donne laureate, solo 14 hanno scelto di specializzarsi in discipline STEM, contro 21 uomini ogni 1000. Un divario che cresce enormemente se guardiamo ai laureati in materie informatiche o ICT: l’83,2% dei laureati in questo campo sono uomini, rispetto al 16,8% delle donne. Eppure le donne che si laureano in materie STEM ottengono voti di laurea più alti dei loro colleghi uomini e hanno tassi di occupazione più alti rispetto alle laureate in materie non STEM.
Alla base di questo divario c’è un retaggio culturale che dobbiamo impegnarci per superare, che si fonda sull’errata convinzione che esistano “mestieri da uomo e mestieri da donna”, e che tutto ciò che riguardi scienza o tecnologia sia inequivocabilmente appannaggio dei primi e inadatto alle seconde. Una mancanza di fiducia che si traduce in mancanza di supporto, di mezzi, di opportunità. Una profezia autoavverantesi, che priva le giovani donne di modelli a cui ispirarsi, convincendole che forse, in fondo, le donne si occupano di altro perché le STEM non fanno per loro, e ci restituisce quindi i dati sconfortanti che abbiamo visto.
Ma questa è una battaglia che possiamo vincere: la rinnovata attenzione da parte delle istituzioni, confermata dalle parole pronunciate dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni qualche giorno fa, in occasione dell’apertura della settimana nazionale delle discipline STEM, sono tutti passi nella direzione giusta.
Lo stesso testo del PNRR, che oggi traccia i contorni dell’Italia che verrà, evidenzia l’importanza di affrontare il tema della parità di genere, con un esplicito riferimento alle discipline STEM, proprio a partire dalla dimensione culturale degli stereotipi, iniziando dall’ambito familiare e da quello educativo.
Come ente di formazione dei ragazzi, come scuola, ci troviamo davanti all’inizio di un nuovo corso, e siamo decisi a farne parte. La centralità delle materie STEM, e dell’accesso paritario a formazione e lavoro in ambito STEM, è il credo di fondo del Polo Veronesi.
La nostra mission è quella di permettere ai ragazzi e alle ragazze un accesso diretto e una formazione completa a un mondo che rappresenta un motore cruciale di innovazione e crescita economica, e che sarà il cuore dello sviluppo che attende il nostro Paese nei prossimi anni. Un modello che abbiamo implementato nel Liceo STEAM International, già presente con cinque realtà in tutto il territorio italiano, con una sesta in arrivo entro il 2026, e che è ulteriormente arricchito da percorsi di formazione professionale all’avanguardia.
Alla sfida che ci troviamo davanti dobbiamo rispondere oggi con entusiasmo e determinazione nel cambiare lo status quo, nella consapevolezza che, un passo alla volta, i numeri racconteranno una storia diversa.